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“…Nella tomba il radioso angelo gridava alle mirofore, “Perché, o donne, mescolate alla mirra le vostre lacrime? Guardate il sepolcro e comprendete: il Salvatore è risorto dai morti!…”(Tropario della Liturgia Pasquale)
Buona Pasqua di rinascita e di rinnovamento a tutti.
Le Mirofore al Sepolcro. Particolare dell’architrave lapideo (sec. XII – Cripta Cattedrale Monopoli)
PAPA FRANCESCO
«Dopo il sabato, all’alba del primo giorno della settimana, Maria di Magdala e l’altra Maria andarono a visitare il sepolcro» (Mt 28,1). Possiamo immaginare quei passi…: il tipico passo di chi va al cimitero, passo stanco di confusione, passo debilitato di chi non si convince che tutto sia finito in quel modo… Possiamo immaginare i loro volti pallidi, bagnati dalle lacrime… E la domanda: come può essere che l’Amore sia morto?
A differenza dei discepoli, loro sono lì – come hanno accompagnato l’ultimo respiro del Maestro sulla croce e poi Giuseppe di Arimatea nel dargli sepoltura –; due donne capaci di non fuggire, capaci di resistere, di affrontare la vita così come si presenta e di sopportare il sapore amaro delle ingiustizie. Ed eccole lì, davanti al sepolcro, tra il dolore e l’incapacità di rassegnarsi, di accettare che tutto debba sempre finire così.
E se facciamo uno sforzo con la nostra immaginazione, nel volto di queste donne possiamo trovare i volti di tante madri e nonne, il volto di bambini e giovani che sopportano il peso e il dolore di tanta disumana ingiustizia. Vediamo riflessi in loro i volti di tutti quelli che, camminando per la città, sentono il dolore della miseria, il dolore per lo sfruttamento e la tratta. In loro vediamo anche i volti di coloro che sperimentano il disprezzo perché sono immigrati, orfani di patria, di casa, di famiglia; i volti di coloro il cui sguardo rivela solitudine e abbandono perché hanno mani troppo rugose. Esse riflettono il volto di donne, di madri che piangono vedendo che la vita dei loro figli resta sepolta sotto il peso della corruzione che sottrae diritti e infrange tante aspirazioni, sotto l’egoismo quotidiano che crocifigge e seppellisce la speranza di molti, sotto la burocrazia paralizzante e sterile che non permette che le cose cambino. Nel loro dolore, esse hanno il volto di tutti quelli che, camminando per la città, vedono crocifissa la dignità.
Nel volto di queste donne ci sono molti volti, forse troviamo il tuo volto e il mio. Come loro possiamo sentirci spinti a camminare, a non rassegnarci al fatto che le cose debbano finire così. E’ vero, portiamo dentro una promessa e la certezza della fedeltà di Dio. Ma anche i nostri volti parlano di ferite, parlano di tante infedeltà – nostre e degli altri –, parlano di tentativi e di battaglie perse. Il nostro cuore sa che le cose possono essere diverse, però, quasi senza accorgercene, possiamo abituarci a convivere con il sepolcro, a convivere con la frustrazione. Di più, possiamo arrivare a convincerci che questa è la legge della vita anestetizzandoci con evasioni che non fanno altro che spegnere la speranza posta da Dio nelle nostre mani. Così sono, tante volte, i nostri passi, così è il nostro andare, come quello di queste donne, un andare tra il desiderio di Dio e una triste rassegnazione. Non muore solo il Maestro: con Lui muore la nostra speranza.
«Ed ecco, ci fu un gran terremoto» (Mt 28,2). All’improvviso, quelle donne ricevettero una forte scossa, qualcosa e qualcuno fece tremare il suolo sotto i loro piedi. Qualcuno, ancora una volta, venne loro incontro a dire: «Non temete», però questa volta aggiungendo: «E’ risorto come aveva detto!» (Mt 28,6). E tale è l’annuncio che, di generazione in generazione, questa Notte santa ci regala: Non temiamo, fratelli, è risorto come aveva detto! Quella stessa vita strappata, distrutta, annichilita sulla croce si è risvegliata e torna a palpitare di nuovo (cfr R. Guardini, Il Signore, Milano 1984, 501). Il palpitare del Risorto ci si offre come dono, come regalo, come orizzonte. Il palpitare del Risorto è ciò che ci è stato donato e che ci è chiesto di donare a nostra volta come forza trasformatrice, come fermento di nuova umanità. Con la Risurrezione Cristo non ha solamente ribaltato la pietra del sepolcro, ma vuole anche far saltare tutte le barriere che ci chiudono nei nostri sterili pessimismi, nei nostri calcolati mondi concettuali che ci allontanano dalla vita, nelle nostre ossessionate ricerche di sicurezza e nelle smisurate ambizioni capaci di giocare con la dignità altrui.
Quando il Sommo Sacerdote, i capi religiosi in complicità con i romani avevano creduto di poter calcolare tutto, quando avevano creduto che l’ultima parola era detta e che spettava a loro stabilirla, Dio irrompe per sconvolgere tutti i criteri e offrire così una nuova possibilità. Dio, ancora una volta, ci viene incontro per stabilire e consolidare un tempo nuovo, il tempo della misericordia. Questa è la promessa riservata da sempre, questa è la sorpresa di Dio per il suo popolo fedele: rallegrati, perché la tua vita nasconde un germe di risurrezione, un’offerta di vita che attende il risveglio.
Ed ecco ciò che questa notte ci chiama ad annunciare: il palpito del Risorto, Cristo vive! Ed è ciò che cambiò il passo di Maria Maddalena e dell’altra Maria: è ciò che le fa ripartire in fretta e correre a dare la notizia (cfr Mt 28,8); è ciò che le fa tornare sui loro passi e sui loro sguardi; ritornano in città a incontrarsi con gli altri.
Come con loro siamo entrati nel sepolcro, così con loro vi invito ad andare, a ritornare in città, a tornare sui nostri passi, sui nostri sguardi. Andiamo con loro ad annunciare la notizia, andiamo… In tutti quei luoghi dove sembra che il sepolcro abbia avuto l’ultima parola e dove sembra che la morte sia stata l’unica soluzione. Andiamo ad annunciare, a condividere, a rivelare che è vero: il Signore è Vivo. E’ vivo e vuole risorgere in tanti volti che hanno seppellito la speranza, hanno seppellito i sogni, hanno seppellito la dignità. E se non siamo capaci di lasciare che lo Spirito ci conduca per questa strada, allora non siamo cristiani.
Andiamo e lasciamoci sorprendere da quest’alba diversa, lasciamoci sorprendere dalla novità che solo Cristo può dare. Lasciamo che la sua tenerezza e il suo amore muovano i nostri passi, lasciamo che il battito del suo cuore trasformi il nostro debole palpito.
Papa Francesco (Omelia della Santa Notte di Pasqua 2017)
Il Messaggio di auguri del Vescovo per Pasqua 2017
“LA TUA GIOIA E’ PIENA”
In questi giorni, man mano che ci inoltriamo nel cammino della Quaresima, mi ritornano con insistenza alcune domande che inquietano, in un certo senso, la mia coscienza di pastore: la nostra gente si rende conto che si avvicina la Pasqua? Sta avvertendo i fremiti della gioia pensando a questo evento che ha dato un senso nuovo alla storia degli uomini e che riattualizzeremo nelle celebrazioni pasquali? Ha la consapevolezza di essere stata salvata dal Sangue dell’Agnello che ha tolto il peccato del mondo? Si rende conto che la nostra fede è fondata sulla certezza che Cristo è risorto e vive nella Chiesa? E di conseguenza, sente la responsabilità di testimoniare la vita nuova che l’incontro con il Risorto ha prodotto in chi ha fatto esperienza di Lui?
Miei cari fratelli e sorelle, questi interrogativi li condivido con voi, perché provochino le nostre comunità a vivere la Pasqua del Signore in un coinvolgimento interiore profondo, che lasci poi una traccia nella vita. Lasciatemi sognare ad occhi aperti per intravedere con voi i tratti della risurrezione che potranno rendere sempre più bella e attraente la nostra Chiesa, chiamata ad essere la casa comune per tutti coloro che vivono e operano sul nostro territorio.
Come vorrei che le prossime celebrazioni pasquali ci vedano tutti protagonisti e non semplici spettatori di riti suggestivi, totalmente presi dall’evento che ha acceso la speranza e ha dato un senso nuovo all’essere e all’agire degli uomini!
Come vorrei che il profumo della risurrezione, di cui ci inebrieremo nella notte santa, attraverso i cristiani che “hanno visto” il Signore risorto, si diffondesse lungo le strade delle nostre Città, per raggiungere quegli uomini e quelle donne che forse sono indifferenti e apatici, perché afferrati da altro nella vita!
Come vorrei che nelle nostre comunità parrocchiali e nella nostre famiglie fiorissero i semi della gioia, della bontà, della misericordia, portati tra noi dal Cristo risorto, per far esplodere l’attesa primavera, che cancella i segni del freddo inverno, in cui tante volte sembra di trovarsi, dove prevalgono l’odio, il rancore, l’egoismo, la divisione!
Come vorrei che i cristiani, spinti dalla forza della Pasqua, si facessero pellegrini di tenerezza presso chi vive l’oscura notte del dolore, causata dalla solitudine, dall’indifferenza, dall’emarginazione!
Come vorrei che la nostra Chiesa, Sposa del Risorto, risplendesse in tutta la sua bellezza indossando l’abito della festa, intessuto e ricamato con il filo d’oro della comunione, per essere attraente e convincente nella sua missione evangelizzatrice!
Tutto questo è solo un sogno? O deve rimanere un sogno? Sicuramente no, perché lo Spirito Santo, dono pasquale per eccellenza, è all’opera nella storia ed è Lui che ci rende contemporanei del Cristo, coinvolgendoci nella Sua vita divina.
“Gesù è vivo; tu sei unito a lui. Tieni la tua mano nella sua.
Affronta insieme a lui le situazioni.
Ti accorgerai che subito gioisci con chi gioisce, piangi con chi piange.
A un certo punto dici bene di chi dice male di te,
sorridi a chi non ti degna neppure di uno sguardo,
stringi la mano a chi non ti accetta,
ami per primo, ami gratuitamente, ami senza chiedere risposta.
Sei nell’amore di Gesù. La tua gioia è piena”.
Facendo mie le parole dell’indimenticato don Oreste Benzi, grande innamorato di Gesù e dei fratelli, con affetto grande per tutti, mentre vi benedico di cuore, auguro
Buona Pasqua
+ Giuseppe Favale