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AVVENTO 2016

avvento

«”Sì, vengo presto!”. Amen. Vieni, Signore Gesù» (Ap 22,20). L’annuncio e la fiduciosa supplica per affrettare il ritorno del Risorto formano il nucleo essenziale del Tempo d’Avvento. Solo in apparenza il “tempo liturgico” si presenta come tempo ciclico, come una tradizione che si ripete. Ogni anno che lo celebriamo constatiamo che il Regno di Dio avanza nella storia: storia del mondo, storia della salvezza.
I segnali che provengono dal mondo potrebbero scoraggiare: che cosa è la celebrazione liturgica – proposta debole e fragile, affidata alla recezione e alla buona volontà degli uomini – in confronto ai conflitti, alle tensioni, alle guerre che serpeggiano e sembrano sul punto di esplodere? In realtà non si tratta di un tempo debole, anche se viene espresso con sobrietà particolare dalla liturgia. E’ un tempo forte di preparazione e di avvio, che invita a iniziare un nuovo percorso, settimana per settimana, verso il compimento di quella era nuova della storia umana cominciata con il Natale del Signore, che celebreremo nella festa e nella gioia.
«Spezzeranno le loro spade e ne faranno aratri, delle loro lance faranno falci» (Is 2,4). Un annuncio inaudito apre la Liturgia della Parola della prima domenica di Avvento. Una profezia che scuote le coscienze, che ha il coraggio di vedere la luce dove altri identificano solo tenebra e non senso. Questo annuncio non rimane un fatto isolato: tutti i testi delle liturgie d’Avvento (letture bibliche e testi patristici, salmi, orazioni e prefazi, antifone e canti) sono disposti in modo da richiamarci e accompagnarci a una fedele vigilanza nel cammino. Lo spirito dell’Avvento non può lasciarci indifferenti.
Se noi andiamo verso il Signore, in realtà è il suo venire che ci smuove dall’immobilismo e rimette in moto energie sopite, ci libera da stanchezze e pigrizie. Un rinnovato incontro con lui può dar vita a un nuovo segmento del nostro vivere, che dia uno spazio più generoso a Colui che viene. Così possiamo dare senso pieno alla parola Avvento, che vogliamo onorare e rendere concreta. E prende profondità anche la nostra supplica: «Vieni, Signore Gesù, spezza le nostre spade, smussa le punte delle nostre lance, cancella i desideri di guerra, le chiusure, i muri: riconosciamo la tua chiamata e il bisogno di aprirci a te, senza timore».
Partendo dall’esperienza dell’Anno della Misericordia, il “Sussidio” – predisposto da alcuni uffici della Segreteria Generale della Conferenza Episcopale Italiana – intende accompagnare le comunità della Chiesa che è in Italia a vivere la trasformazione della Storia che il Risorto opera incessantemente; il Signore che viene è infatti il Risorto: tutta la realtà, umana e cosmica, è in lui trasfigurata, è la nuova e definitiva creazione. Le nostre fragili realtà possono aprirsi a una nuova esistenza. Come ricorda Papa Francesco:

Cristo ha unificato tutto in Sé: cielo e terra, Dio e uomo, tempo ed eternità, carne e spirito, persona e società. Il segno distintivo di questa unità e riconciliazione di tutto in Sé è la pace. Cristo « è la nostra pace» (Ef 2,14). L’annuncio evangelico inizia sempre con il saluto di pace, e la pace corona e cementa in ogni momento le relazioni tra i discepoli. La pace è possibile perché il Signore ha vinto il mondo e la sua permanente conflittualità avendolo «pacificato con il sangue della sua croce» (Col 1,20). Ma se andiamo a fondo in questi testi biblici, scopriremo che il primo ambito in cui siamo chiamati a conquistare questa pacificazione nelle differenze è la propria interiorità, la propria vita, sempre minacciata dalla dispersione dialettica. Con cuori spezzati in mille frammenti sarà difficile costruire un’autentica pace sociale. (EG 229)

Le ferite aperte e più dolorose, oggi, sono visibili nell’assenza di pace e nella presenza crudele della guerra. Puntare su una riduzione dei conflitti e una più attiva fiducia nel dialogo, vuol dire oggi riattivare le energie che aiutino a portare il peso del confronto non cruento, pagandone pure il prezzo ma in un orizzonte tinto di speranza. Il Signore che viene è «la nostra pace» (Ef 2,14). Riconciliare, pacificare, costruire, e ricostruire, la storia continuamente lacerata. Dare credito agli altri, preparando il meglio possibile il campo della “pluriforme unità”. Anche in questo nostro Avvento-Natale: «Vieni, Signore Gesù».
Sul piano personale, si tratterà di accogliere più a fondo l’appello che viene dallo Spirito di Pace; lasciando correggere, in particolare, il nostro modo di guardare gli “altri”: Dio ci fa intuire che nell’altro, o meglio, nei fratelli, è presente una possibile trasfigurazione, che è per tutti urgente, ma che troppo spesso è velata dietro il vivere di chi è povero, scartato, oggetto di violenza, privato di avvenire.
Sul piano comunitario, andranno continuamente rigenerate le speranze, per non appiattirsi nello statu quo, e rilanciare invece – non le utopie – ma il disegno di un mondo più abitabile, e di una vita ultima in Dio, da annunciare senza stancarsi.
E’ la strada maestra di un Avvento autentico, che ci conduce a celebrare “in spirito e verità” il Natale del Signore, come trasfigurazione dell’umano che «nella pienezza del tempo» (Gal 4,4) si fa annuncio e profezia del Regno di Dio, che è in mezzo a noi.
L’auspicio è che il “Sussidio”, in continuità dinamica con il Convegno ecclesiale di Firenze, in piena sintonia con il Magistero di Papa Francesco – fatto di gesti e parole assai eloquenti che ci interpellano – possa favorire nelle comunità cristiane una fruttuosa accoglienza dell’unico Dono, capace di trasfigurare la nostra umanità e di liberare un’esistenza troppo angustiata dalle nostre preoccupazioni, per entrare in un tempo nuovo, gioioso nel ringraziamento e lieto nella comunione.
  + Nunzio Galantino

Segretario Generale della Conferenza Episcopale Italiana
MESSAGGIO VESCOVO GIUSEPPE per l’AVVENTO 2016

                                                                                              Conversano, 27.11.2016

Carissimi,

dopo aver vissuto l’Anno Santo della Misericordia con grande coinvolgimento interiore, iniziamo oggi un nuovo Anno liturgico mettendoci alla sequela di Cristo, Signore del tempo e della storia, che è presente in mezzo a noi e viene ad offrirci la sua pace e la sua gioia. Come vi dicevo nella celebrazione conclusiva del Giubileo, l’Anno della Misericordia non può essere semplicemente archiviato nei nostri ricordi. Il Santo Padre, nella Lettera Apostolica Misericordia et misera, donataci a conclusione dell’anno giubilare, ci ricorda che siamo chiamati a celebrare la misericordia attraverso l’incontro vivo con Cristo che si realizza nell’ascolto della sua Parola e nei Sacramenti (cf n. 5). Abbiamo la possibilità di accogliere il tempo forte dell’Avvento come un tempo favorevole per metterci in ascolto della Parola, soprattutto mediante la pratica della Lectio divina, e per celebrare la presenza del Signore in mezzo a noi nell’Eucarestia e nel perdono, offerto a noi nel Sacramento della Riconciliazione. Sperimenteremo così la gioia del suo amore misericordioso, il suo farsi umile e piccolo per venire incontro alla nostra umanità.

Con un’ulteriore provocazione Papa Francesco, nella stessa Lettera, chiede a tutti noi di “dare spazio alla fantasia della misericordia per dare vita a tante nuove opere di misericordia” (n. 18) e a “far crescere una cultura della misericordia, basata sulla riscoperta dell’incontro con gli altri” (n. 20). Queste parole ci sollecitano a vivere la carità in maniera vivace e creativa, non come un semplice esercizio di opere buone, ma come prolungamento di quella misericordia ricevuta da Dio, che diventa visibile nell’ attenzione solidale ai fratelli. Il nostro cammino verso il Natale perciò deve essere arricchito da scelte di gesti di carità che esprimano l’amore soprannaturale verso il prossimo, nel quale si scorge il volto di Gesù Cristo, Dio fatto uomo.

In questa luce vorrei che si inserisse la proposta dell’Avvento di fraternità, che in questo anno avrà come obiettivo sostenere la nuova Casa della Carità a Monopoli. Essa vuole essere non soltanto segno del cammino giubilare appena concluso, ma ancor più stimolo per avviare nuovi progetti di misericordia, che si potranno in seguito realizzare in altre Città della Diocesi. Ciò che vi domando, perciò, non è una semplice raccolta di fondi, quanto piuttosto favorire la riscoperta di quella verità che il Concilio Vaticano II ha così sintetizzato nella Gaudium et spes: “con l’incarnazione il Figlio di Dio si è unito in certo modo ad ogni uomo” (n. 22). Non dimentichiamo mai che la carne del Salvatore, assunta dal Verbo eterno attraverso Maria di Nazaret, continua ad essere viva nella carne di ogni uomo che si affaccia nella storia, specie nella carne di chi soffre.

Accogliamo allora come dono prezioso l’Avvento e rendiamolo tempo propizio per ritemprare le nostre forze attingendo alla sorgente perenne dell’amore di Dio. Impariamo dal Signore a farci buoni samaritani di tutti coloro che sono feriti dalla vita e che attendono, lungo le strade della storia, chi possa fermarsi a versare sulle ferite l’olio della consolazione e il vino della speranza.

Affido a Maria, Madre Immacolata del Redentore, il nostro cammino d’Avvento. Sia Lei a ispirarci i gesti della carità e ci aiuti ad accogliere nel cuore la Parola di vita perché diventi nostra carne.

Tutti vi benedico di cuore.

CINEFORUM “IL PRANZO DI BABETTE”

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Nel matrimonio è bene avere cura della gioia dell’amore. […] La gioia di tale amore contemplativo va coltivata. Dal momento che siamo fatti per amare, sappiamo che non esiste gioia maggiore che nel condividere un bene: «Regala e accetta regali, e divertiti» (Sir 14,16). Le gioie più intense della vita nascono quando si può procurare la felicità degli altri, in un anticipo del Cielo. Va ricordata la felice scena del film Il pranzo di Babette, dove la generosa cuoca riceve un abbraccio riconoscente e un elogio: «Come delizierai gli angeli!». È dolce e consolante la gioia che deriva dal procurare diletto agli altri, di vederli godere. Tale gioia, effetto dell’amore fraterno, non è quella della vanità di chi guarda sé stesso, ma quella di chi ama e si compiace del bene dell’amato, che si riversa nell’altro e diventa fecondo in lui.” (n° 129)

Quanto amore, quanta ricerca della felicità altrui ci può essere nella bellezza della tavola, nella cura dell’apparecchiatura e nel cucinare manicaretti per i nostri cari! E’ una manifestazione d’amore, che contribuisce alla costruzione della famiglia.

LA LETTERA DI BARI. PER UNA EDUCAZIONE DIGITALE DELLA FAMIGLIA

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Abbiamo dato vita al Forum “Bambini e mass media”, perché abbiamo un

sogno da condividere con chi vuole che i mezzi della comunicazione sociale

preferiscano sempre la realtà al racconto irreale, che rischia di imporre

l’omologazione di una logica mercantile al senso dell’umano.

Abbiamo il sogno di una comunicazione che abbia coscienza di informare le

persone prima che conquistare i consumatori.

Abbiamo il sogno di una informazione che sappia dialogare invece che ammaliare e convincere.

Abbiamo il sogno di una comunicazione che usi la manipolazione solo come

forma di un contenuto autentico e libero.

Abbiamo il sogno di una comunicazione che illumini il mondo con la bellezza

delle parole, consapevole di formare menti e coscienze.

Abbiamo il sogno di una comunicazione che si preoccupi della buona educazione sempre.

Abbiamo il sogno di una comunicazione sociale fondata sul rispetto, che sappia

rivolgersi a chi ascolta, legge, osserva con l’attenzione che si deve ad ogni

persona, e che si ricordi sempre che parlare alla massa significa parlare in

realtà ad uno ad uno.

Abbiamo il sogno di una comunicazione sociale che sappia fondarsi sulla

fiducia tra le persone e rivolgersi alla intelligenza di ognuno contemporaneamente ai sensi e all’emotività. Una comunicazione che sia

immagine e parola di verità e, quindi, riflessione critica e considerazione.

Abbiamo il sogno di una comunicazione sociale che non urli, che ci alieni dalla

fretta e dalla improvvisazione, che sappia cercare e trovare le parole giuste per

raccontare anche l’orrendo e l’irraccontabile.

Abbiamo il sogno che di questi temi si parli più spesso non solo tra gli addetti

ai lavori, né tantomeno per dettare regole, il più delle volte disattese.

Abbiamo bisogno che nel tam tam mediatico e crossmediale i bambini e gli

adolescenti siano la stella polare del linguaggio che si usa, perché sono

fruitori-protagonisti come gli altri (se non più degli altri) e hanno diritto a

conoscere, capire, interpretare, essere educati e formati ad essere cittadini del

mondo, giusti e veri.

Bari, 24 marzo 2014

INDULGENZA PLENARIA FESTA S. ANTONIO 2016

decretum ind.

Prot. N. 525/16/I

 

DECRETO

 

La Penitenzieria Apostolica, in virtù delle facoltà che in modo specialissimo le sono state concesse dal Santissimo Padre in Cristo Francesco, per divina provvidenza Papa,  concede benignamente all’eccellentissimo  vescovo di Conversano – Monopoli che, in occasione dell’Anno Santo della Misericordia, nella festa di Sant’Antonio da Padova, dopo la celebrazione del divino Sacrificio nella stessa chiesa parrocchiale di Sant’Antonio a Monopoli, egli possa impartire a tutti i fedeli in Cristo presenti, che abbiano presenziato ai riti sacri con autentica contrizione e spinti da carità, la BENEDIZIONE PAPALE con l’annessa INDULGENZA PLENARIA, da lucrare secondo le consuete condizioni (Confessione sacramentale, Comunione Eucaristica e preghiera per le intenzioni del Sommo Pontefice).

In più, nei giorni 12 e 13 GIUGNO i fedeli della parrocchia potranno lucrare l’indulgenza plenaria se avranno recato visita all’immagine del celeste Patrono, esposta alla pubblica venerazione nella chiesa parrocchiale, e lì avranno preso parte alle sacre funzioni o almeno abbiano rivolto preghiere a Dio Misericordioso per la propria fede alla vocazione cristiana, per chiedere vocazioni sacerdotali e religiose, per difendere l’istituto della famiglia terrena, concludendo con il Padre Nostro, il Credo e le litanie alla Beata Vergine Maria e Sant’Antonio.

I devoti fedeli in Cristo impediti dalla vecchiaia, dalla malattia o da altra grave causa, otterranno parimenti l’indulgenza plenaria se, concepita l’esecrazione dei propri peccati e con l’intenzione di compiere, non appena possibile, le tre consuete condizioni, sia siano congiunti spiritualmente alle celebrazioni, davanti ad un’altra piccola immagine di Sant’Antonio in quegli stessi giorni, offrendo con le preghiere i propri dolori o le sofferenze della propria vita a Dio Misericordioso.

Affinché quindi questo accesso al conseguimento della grazia divina attraverso le chiavi della Chiesa si compia più facilmente grazie alla carità pastorale, questa Penitenzieria raccomanda fortemente al Parroco di offrirsi in quegli stessi giorni con animo pronto e generoso alla celebrazione della Confessione e all’ amministrazione della Comunione agli infermi. La presente ha valore per questa ricorrenza.

Nonostante qualunque disposizione contraria.

Dato a Roma, negli uffici della Penitenzieria Apostolica, il giorno 21 del mese di maggio, anno della Divina Incarnazione 2016.

Card. Mauro Piacenza, penitenziere maggiore

Cristoforo Nykiel, reggente

 

Che cos’è l’indulgenza?

E’ l’espressione dell’amore indulgente e misericordioso di Dio nei confronti dell’uomo peccatore. L’indulgenza è la remissione della pena temporale per i peccati già “perdonati” da Dio attraverso la Confessione.

La teologia cattolica insegna che ogni nostro peccato ha duplice conseguenza:

-genera una colpa che è rimessa all’assoluzione sacramentale nella Confessione, attraverso cui il peccatore è rimesso allo stato di grazia e alla comunione con Dio.

-comporta una pena che permane oltre l’assoluzione. L’uomo peccatore, pur riconciliato con Dio, è ancora segnato da quei “residui” del peccato che non lo rendono totalmente aperto alla grazia.

In particolare, la pena temporale può essere scontata sulla terra con preghiere e penitenze, con opere di carità e con l’accettazione delle sofferenze della vita. Per estinguere il debito della pena temporale la Chiesa permette ai fedeli battezzati di accedere alle indulgenze. L’indulgenza può essere parziale (è solo un passo nel cammino di purificazione) o plenaria, totale (com’è quella giubilare), perché è una grazia straordinaria che guarisce completamente l’uomo, facendone una nuova creatura.
Come si ottiene l’indulgenza?

L’indulgenza plenaria è concessa in occasione della Solennità di Sant’Antonio dai Primi Vespri (domenica sera) a tutta la giornata del 13 giugno, al cristiano che segue questi comportamenti:

Primo, ci si deve accostare con cuore contrito al sacramento della Penitenza (anche nei giorni precedenti)

Visita alla chiesa di S. Antonio. Nel visitare la chiesa di S. Antonio si deve partecipare alla Santa Messa, alla Comunione Eucaristica e alla Professione di fede, la preghiera personale conclusa col “Padre nostro”, la Preghiera a Maria Madre della Misericordia. Tutto secondo le intenzioni del Papa, a testimonianza di comunione con tutta la Chiesa.

In terzo luogo, ci si deve impegnare in opere di misericordia e penitenza che esprimano la conversione del cuore.

 

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