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Omelia Dedicazione Chiesa

Carissimi amici e fratelli,
​cosa siamo venuti a celebrare in questo 8 luglio, nel cuore della nostra estate monopolitana, qui in questa chiesa dedicata alla Madonna delle Grazie? Cosa ci ha spinti questa sera, intorno alla mensa della parola e del pane? Certo è domenica, è il giorno del Signore e noi vogliamo santificare questo tempo di vita e di fraternità, ma oggi in particolare celebriamo la data della dedicazione di questa chiesa. Questa festa ha un grande valore simbolico e storico; simbolico perché celebriamo l’inaugurazione di questa casa del popolo Cristiano, storico perché questa data innerva la fede e la lode di questa famiglia, amata da Dio, nel circuito virtuoso che nella liturgia fa sintesi dell’incontro tra tempo ed eternità ,tra carne e grazia, tra spazio finito e sacro e l’infinito amore di Dio che qui si fa misericordia. Si possiamo dire che questa è l’aula della misericordia laddove da sempre il popolo abbraccia l’eterno e la tenerezza del Padre accarezza i suoi figli. Fratelli miei carissimi, in questa festa della dedicazione della nostra amata chiesa voglio, anche a vostro nome, fare la mia dichiarazione d’amore alla Chiesa, a questa chiesa, a questo bellissimo tempio e a questa meravigliosa comunità, amata da Dio, che da sempre lo abita. Raul Gabriel ricorda in un suo scritto che prima di ogni valenza storica, sociale, funzionale l’edificio chiesa ha il compito di generare un incontro: non con il vuoto ma quello spiazzante e dinamico con la carne. È l’incontro che determina la necessità di un luogo, è l’abitare che rende sacro un luogo con il suo fulcro che qui è l’altare, cuore pulsante di una casa che è un luogo non funzionale ma generativo di fede, di attese, di speranze e di amore.
​Il tempio quando manca di questa dimensione affettiva e spirituale, dati dall’esperienza di una fede viva della comunità, diventerebbe un idolo, negherebbe sé stesso, si ripiegherebbe in una sorta di manutenzione estetica fredda e indifferente, perderebbe la sua potenza generativa, il suo fascino nutritivo e creativo, provocherebbe un esserci triste, mortale e desolante. Ecco perché oggi voglio con voi cantare l’amore del Signore, qui nel luogo dell’incontro tra voi pietre vive di questo tempio cementate dall’amore fraterno e fare questa dichiarazione di fedeltà come nelle feste nuziali che celebrano il loro giubileo, con quell’amore nuziale che sempre ci lega allo sposo, pietra angolare, sulla quale si erge questo edificio spirituale per la gloria di Dio e la salvezza delle anime.
​Signore Gesù tu sei il nostro Sposo, sei l’Amato e noi tua sposa vogliamo vivere con te una nuzialità gioiosa, fedele, generativa. Vogliamo ancora oggi giurarti amore nella gioia e nel dolore, per tutta la vita. Noi tua sposa, in questa casa che adombra da sempre la tua presenza, viviamo con fede l’incontro con te nostro amato sposo geloso e amorevole. E sono certo che anche tu Signore, nel giorno della dedicazione della nostra casa vieni a dirci di quanto ci ami, ci accarezzi, ci porti nel palmo della tua mano, ci sostieni e soprattutto ci perdoni per le tante infedeltà che hanno macchiato il talamo nuziale e la sacralità di questo tempio che è la nostra casa. Anche a te, comunità di S’Antonio, io prolungamento storico dello sposo, dichiaro il mio amore incondizionato, il mio affetto, l’offerta del mio sacrificio, i miei giovani anni, una dedizione totale e avendoti ricevuta come dono dello Spirito Santo prometto di amarti e onorarti tutti i giorni della mia vita. Auguri comunità di S’Antonio, ti voglio bene
don Davide

Preghiera per la 55a Giornata di Preghiera per le Vocazioni

Padre Buono, che ami tutte le tue creature
e desideri farne tua dimora,
donaci un cuore che ascolti,
capace di posarsi sul cuore di Cristo
e battere al ritmo della tua Vita.
Signore Gesù, amante della vita,
allargaci il cuore alla tua misura;
raccontaci il tuo desiderio
e compilo nella nostra carne.
Sprigiona in noi le energie
della tua Risurrezione
e contagiaci di vita eterna.
Spirito Santo, ospite atteso,
vieni e mostraci la bellezza di una vita
che appartenga tutta a Cristo.
A te, Maria, Madre sempre presente,
affidiamo il desiderio di Pienezza
che attende di esplodere
dentro il cuore di molti giovani.
Tu che hai accolto l’Inedito,
suscita anche in noi
l’audacia del tuo Sì.

Amen

Messaggio Pasqua del nostro Vescovo

Cristo, luce del mondo.

Il cammino quaresimale della Chiesa è tutto orientato alla notte santa della Risurrezione del Signore Gesù. Gli occhi, la mente, il cuore, man mano che la meta si fa più vicina assaporano la bellezza di quel momento, unico e ineguagliabile, durante il quale le tenebre della notte saranno squarciate dall’annuncio: lumen Christi! È un annuncio che risuona da 2000 anni, ed è sempre fresco e carico di grandi speranze per tutte le generazioni credenti. Sì, Cristo è la vera luce di cui l’uomo ha assoluto bisogno, perché in Lui si incontrano Dio e l’uomo, uniti nella Persona del Verbo incarnato. In Cristo c’è tutto di Dio e c’è tutto dell’uomo: Dio si è donato totalmente rivelandosi e l’uomo, visitato nella sua carne dal Figlio di Dio, è stato elevato a dignità incomparabile. Per questo Egli può dire: “chi segue me, non camminerà nelle tenebre, ma avrà la luce della vita” (Gv 8,12).

Carissimi fratelli e sorelle dell’amata Chiesa di Conversano-Monopoli, mi rivolgo a voi in occasione della Pasqua per chiedervi di celebrare la grande solennità della Risurrezione del Signore aprendovi al dono della Luce. Convinciamoci che solo la luce del Cristo che risorge glorioso disperde le tenebre del cuore e dello spirito (cf Messale Romano, Accensione del Cero pasquale). Aiutati dall’esercizio ascetico della Quaresima abbiamo compiuto un viaggio interiore verso le radici del nostro essere e del nostro operare e, se abbiamo letto in profondità la nostra vita, vi avremo scorto le oscurità che la attanagliano e la schiacciano rendendola opaca e fredda. Il frutto di questo lavorio interiore deve essere ora la totale apertura all’irruzione della luce del Risorto, perché venga a ridare vita lì dove c’è la morte, a ridare vigore lì dove c’è debolezza e fragilità, a ridare coraggio lì dove c’è paura e disorientamento.

Lasciarsi possedere dalla luce di Cristo deve diventare disponibilità a camminare nella luce. Solo così si potrà diventare figli della luce (cf Gv 12,36). Accogliamo l’invito dell’Apostolo Paolo, quanto mai attuale anche per noi: “gettiamo via le opere delle tenebre e indossiamo le armi della luce” (Rom 13,12), per combattere la buona battaglia della fede con la testimonianza della vita, chiamata ad essere Vangelo vivente. Cosa concretamente significa tutto ciò? Ce lo dice l’Apostolo Giovanni, quando con incisività e chiarezza afferma: “Chi dice di essere nella luce e odia suo fratello, è ancora nelle tenebre. Chi ama suo fratello, rimane nella luce e non vi è in lui occasione di inciampo. Ma chi odia suo fratello, è nelle tenebre, cammina nelle tenebre e non sa dove va, perché le tenebre hanno accecato i suoi occhi” (1Gv 2,9-11). Confessiamolo francamente: quanto siamo distanti da questa proposta, che pure è il cuore dell’esperienza cristiana! Dimentichiamo facilmente la responsabilità che abbiamo noi credenti in Cristo nei confronti della storia. Invece di essere sale della terra e luce del mondo in forza dell’amore, come ci ha chiesto Gesù (cf Mt 5,13-14), spesso siamo insipidi e spenti, con la conseguenza di non saper trasmettere gioia e speranza.

Carissimi, la Pasqua deve tornare ad essere il momento sorgivo della nostra vita cristiana. Immersi nella luce del Risorto, riappropriamoci della luce, che ci appartiene per vocazione originaria!

Rivestiti del Signore Gesù Cristo (cf Rom 13, 14), irradiamo luce:

nella famiglia: vincendo l’egoismo e l’autoreferenzialità, che ne minano la stabilità, con la forza dell’amore oblativo, capace di esporsi fino al dono totale di sé;

nei luoghi di formazione: trasmettendo alle nuove generazioni i valori radicati nella ricerca del bene comune, che mettono al centro la dignità di ogni persona umana;

nella politica e nel servizio alla comunità: convincendoci che l’impegno nella polis è una forma alta di carità cristiana, perché è il luogo dove può farsi concreta la vicinanza agli ultimi e ai poveri, offrendo occasione di riscatto da ogni forma di emarginazione e di disagio;

nella comunità ecclesiale: dando volto alla comunione che non è omologazione massificante ma unità nella diversità, mettendo ciascuno a disposizione degli altri i doni ricevuti per l’utilità comune (cf 1Cor 12,7);

nel Presbiterio e nella vita religiosa: costruendo relazioni autentiche di fiducia reciproca e bandendo pessimismo e rassegnazione, che portano a non investire le migliori energie di cui pure si è dotati, preferendo nascondersi dietro la scusa che “tanto non cambia niente”;

lungo le strade delle nostre Città: testimoniando con le persone che si incontrano la gioia del Vangelo attraverso la bontà del tratto, della parola e dei gesti.

Maria, donna rivestita della luce della Risurrezione del Figlio, interceda per noi! A tutti giunga, insieme all’augurio di buona Pasqua, la mia benedizione!

 

+ Giuseppe Favale, vescovo

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